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Rogerismi parigini a fari spenti – parte II

Roger fa sua la sfida fuori dal tempo con Marin Cilic col punteggio di 6-2 2-6 7-6(4) 6-2 e si conquista il pass per il terzo turno del Roland Garros, dove lo attende il tedesco Koepfer.


L’ultimo incrocio tra questi due valeva uno Slam, il ventesimo per Roger, a Melbourne 2018. E non scomodiamo altro per non finire al tappeto sotto i colpi della nostalgia. 

Come lunedì, ci tocca specificare che la forma fisica dell’avversario non è del tutto attendibile. Però le perle non mancano, persino nascoste nel più inutile dei turni di risposta lasciati andare. Così è una smorzata diretta su una seconda di Cilic a farci vacillare sulla sedia nel gioco del 5-2. Roger affronta un paio di palle break nel primo set ma se la cava sempre in scioltezza, lui invece strappa due volte la battuta al povero Marin e regala spettacolo tra palle corte, discese a rete e rovesci celestiali lungolinea. Non sappiamo come andrà a finire, viviamo talmente alla giornata che ci accontentiamo di sapere che anche nel peggiore dei casi ci sarà almeno un set in più. 

Nel secondo parziale si chiarisce il motivo per il quale bisogna godersi a fondo i momenti Federer, perché all’improvviso, senza un motivo preciso, vediamo in campo il suo gemello scarso, quello che vorrebbe ma non può, che spesso è in ritardo sulla palla e che ha giocato quattro match negli ultimi diciotto mesi. 

Così l’elvetico perde il servizio e flirta con lo 0-4 prima di muovere il punteggio. Sul 3-1 Roger cerca di riprendere il suo posto, si procura due palle per rientrare, non le concretizza e addirittura ingaggia una discussione con il giudice di sedia a causa di un warning per perdita di tempo in risposta (in effetti prenderlo contro il palleggiatore folle Cilic deve fare innervosire parecchio). Il sottotesto è: ci sono, sono io, sono vivo, nonostante le stecche e tutto il resto. In ogni caso vola via un’altra palla break, siamo 4-1 per Cilic e Roger è arrabbiato. La querelle prosegue a colpi di fioretto durante il cambio campo e l’impressione è che Federer abbia ben poca voglia di scherzare. Ma il siparietto non conduce a nulla di buono e il set si chiude mestamente con un 6-2 speculare in cui il calo del nostro eroe è stato repentino e preoccupante. 

Il terzo set comincia nel segno della difficoltà, poi c’è una schiarita, Roger scappa 3-1, si procura quattro ulteriori palle break ma perde il treno e subito dopo anche il servizio. Dal 3-3 in avanti si verifica un fenomeno strano e forse senza precedenti: da qui alla fine del set non c’è più nemmeno un punto in risposta, salvo solo un doppio fallo di Cilic nel tiebreak che affida il parziale al nostro ondivago beniamino. 

Diciamo che chi cerca continuità e condizione fisica deve rivolgersi altrove, qui abbiamo due cuori che cercano disperatamente di ribellarsi all’età e al destino. C’è qualcosa di crepuscolare ma anche di eroico per chi ci crede ancora, loro per primi, e noi – ben felici – un attimo dopo. Il quarto set va via più facilmente perché c’è fiducia e perché il momento difficile è ormai alle spalle, mentre Cilic all’opposto fa fatica. Roger serve per primo e va come un treno, brekka nel quarto gioco (con l’aiuto di un altro doppio fallo galeotto) e poi chiude 6-2 strappando nuovamente la battuta al croato. Lo batte per la decima volta (e quell’unica sconfitta alla semifinale degli Us Open 2014 duole ancora), nel più surreale degli incroci. La strada per una condizione ottimale è ancora lunga, ma la mano c’è e il match di oggi ha messo in mostra quella rabbia indispensabile per un vecchietto che ha ancora voglia di mettersi in gioco tra i signori del tennis.

Roger lo sa e non vuole affrettare i tempi né esporre il fisico a rischi eccessivi affrontando maratone massacranti prima del dovuto, ma questa vittoria è preziosa perché gli vale un altro confronto in campo. Questa volta ci sarà il baldo ventisettenne teutonico Dominik Koepfer, uno che sulla terra si trova bene e che l’anno scorso ha raggiunto i quarti di finale a Roma, strappando perfino un set a Novak Djokovic. L’opportunità è ghiotta, non tanto pensando al risultato, quanto per testarsi contro un avversario fisicamente in forma e abituato a giocare. Se poi dovesse giungere un’altra fumata bianca, allora il livello salirà ancora, ma oggi vogliamo essere razionali e non correre troppo… semplicemente avvicinarci un passo alla volta all’erba di Wimbledon.

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