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Rogerismi parigini a fari spenti – parte III

Dopo una maratona estenuante che a tratti l’ha visto stanco, fermo e confuso ma evidentemente non vinto, Roger elimina Dominik Koepfer (7-6, 6-7, 7-6, 7-5) e si guadagna l’accesso agli ottavi di finale con Berrettini.


Questa è una partita vera, meno onirica delle precedenti, un bel banco di prova per le condizioni psicofisiche rogeriane di questo strano momento. Nello stadio silenzioso e deserto va in scena un duello dai contorni drammatici.

Il mancino di Furtwangen corre qua e là per il campo, trova begli angoli di rovescio e non è neanche male quando si trova per caso nei pressi della rete. Nel primo set non ci sono break, nonostante qualche occasione sprecata alla Federer. Il tiebreak dopo un’ora di gioco ha ovviamente un discreto peso specifico, Roger lo interpreta bene, aiutato da qualche errore di troppo sull’altro lato, compreso doppio fallo.

Nel secondo set il carico psicologico si fa sentire e Dominik va sotto due volte ma ha il merito di stare lì, pronto a intercettare i cali periodici dello svizzero. Difficile dire se sia una faccenda fisica o una questione di concentrazione, ma Roger è troppo ondivago, gioca un bruttissimo tiebreak e poi, nel terzo set, perde subito il servizio. Ora è davvero dura perché Koepfer annusa le sue difficoltà e come un cacciatore si getta sulla preda con tutta la forza di cui è capace. Fino al 4-2 il match è saldamente nelle sue mani e Roger sembra spacciato, sbaglia tanto e – cosa più inquietante – spesso si ferma a guardare i vincenti dell’avversario senza provarci nemmeno. 

Poi, come d’incanto, sull’onda di un bel game al servizio, arriva l’inatteso controbreak per il pareggio e, come spesso accade in questo strano sport, la musica cambia. Roger raggiunge persino un set point sul 6-5, ma il tedesco lo annulla e si prende il tiebreak. Qui si decidono i destini dell’umanità. 

Roger dà tutto, lotta per la sopravvivenza come un vecchio leone che sa di non poter cadere perché rischierebbe di non rialzarsi più. E il terzo set, soffertissimo, è suo: siamo 2-1. C’è ancora vita. 

Nel quarto parziale Roger trova il break e lo sbrocco di Koepfer che non si fida del giudice, invade il campo altrui per controllare il segno e si becca un penalty point. Tutto fa presupporre un comodo avvio ai saluti con il tedesco che inveisce nel suo idioma contro tutto e tutti, invece il nostro eroe si fa brekkare da 40/15, va sotto 3-2 e poi 4-3 sotto i colpi di un Koepfer che si è ritrovato con lo scatto d’ira. Si naviga a vista fino al 5-5, e qui Roger ribatte in qualche modo incomprensibile e misterioso forse non divino ma nemmeno umano a due smash consecutivi del teutonico inducendolo a un errore di pura incredulità. Questa difesa da favola dà il via a una sequenza di punti ben giocati e infine arriva il break: adesso Federer potrà servire per il match. Lo fa con grande attenzione e chiude 7-5 questa sfibrante maratona. 

Che dire? In qualche momento di sconfortato passeggio per il campo abbiamo visto lo sguardo perso di chi non sa nemmeno dove si trova, abbiamo visto il Roger stralunato che però conosciamo bene, abbiamo quasi accettato la sconfitta e ci siamo autoconvinti che non è solo l’età, che la storia non è ancora finita, perché in fondo quella versione di Roger è sempre esistita come contraltare al re divino bello e impossibile. Poi Federer è tornato, è rinato dal fango come è successo tante altre volte e non ci stancheremo mai di queste illuminazioni improvvise finché lui ne avrà voglia. Insomma non facciamo gli schifiltosi nemmeno di fronte al numero 59 del ranking e ci godiamo questa piccola impresa. 

In queste ore Roger sta valutando le proprie condizioni, c’è nell’aria la possibilità che si ritiri prima del match con Berrettini. Sarebbe ovviamente un peccato sotto mille punti di vista ma è comprensibile che non voglia rischiare nuovi infortuni proprio adesso. Attendiamo con fiducia e ci fidiamo. 

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