New York, 13 settembre 2009.
Il più grande stadio tennistico del mondo, l’Arthur Ashe Stadium di Flushing Meadows, è gremito in ogni ordine di posti. Circa 22.500 spettatori accorsi da ogni parte del globo riempiono l’enorme impianto.
In campo, si stanno sfidando per un posto in finale il numero 1 del mondo Roger Federer e la testa di serie numero 4 Novak Djokovic. Il pubblico è in visibilio.
Siamo nel terzo set. I primi due parziali sono stati conquistati dallo svizzero col punteggio di 7-6 7-5.
Dopo circa 2 ore e 30 minuti di tennis al cardiopalmo, potrebbe finalmente essere giunto il momento decisivo. Non ci sono stati break e Roger è avanti 6-5.
Djokovic serve per rimanere nel match, ma è sotto 0-30.
La pressione è alle stelle. Il boato dello stadio rimbomba ancora nelle orecchie. Federer è ora a soli due punti dalla sesta finale consecutiva agli US Open. Nell’Era Open nessuno ha mai raggiunto un risultato simile.
Questi sono i momenti che scavano il solco tra campioni e leggende.
Lo scambio ha inizio.
Il preciso dritto di Djokovic in uscita dal servizio obbliga subito Roger a una difficile difesa di rovescio. Il colpo, che atterra troppo corto, consente al giovane serbo di attaccare la rete giocando una smorzata. Federer ci arriva, ma il suo recupero è facile preda di Nole che lo scavalca con un preciso pallonetto al volo. Il Maestro è costretto all’inseguimento, correndo indietro verso la linea di fondocampo…
Non aveva scelta. C’era solo una opzione possibile.
Tutti sanno cosa accadde subito dopo.
Uno dei più grandi “momenti Federer” aveva avuto luogo.
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