Domani, pioggia permettendo, andrà in scena la semifinale dei sogni, quella su cui si erano già posati gli occhi ed i desideri di tutti: Roger e Rafa si sfideranno per la trentanovesima volta.
Il mondo forse non potrà smettere di girare, ma venerdì pomeriggio rallenterà almeno un po’ per poter dare almeno un’occhiata allo spettacolo che andrà in scena sul Philippe Chatrier di Parigi.
Era un sogno proibito. Era tutto quello che volevamo ma che non abbiamo mai osato chiedere e, adesso, eccolo qui: un regalo di valore incalcolabile per tutti gli appassionati di tennis e di sport, un evento per cui le parole non bastano, ma serve quell’intuito che va oltre ogni descrizione o lettura razionale.
L’eroe e la sua nemesi incroceranno di nuovo le armi in un duello che è già storia – quasi superfluo ricordarlo – ma che è ancora attualità. Eccoli qui, così in alto, così forti e così belli: e non è un match di esibizione, né un caso fortuito o una beffa del destino, bensì una semifinale slam, meritata e limpida come un’equazione matematica quando l’hai risolta e tutti i conti tornano.
Sarà il capitolo 39 di un confronto storicamente piuttosto sbilanciato a favore di Nadal (23 a 15 il computo delle vittorie), ma che negli ultimi anni ha visto un recupero del Re, che ha portato a casa le ultime cinque vittorie.
Tutto cominciò nel 2004 quando, ai trentaduesimi di finale del master 1000 di Miami, il diciassettenne Rafa entrò nell’arena come un toro ed incornò a sorpresa un Roger Federer già affermato e in una delle sue migliori stagioni. Da lì in poi si è sviluppata una rivalità più unica che rara, che ha visto i due affrontarsi in 24 finali e in 9 semifinali ATP alternandosi al comando della classifica.
Per Roger, Nadal ha rappresentato un rompicapo tecnico – costringendolo con la sua capacità difensiva a rischiare e sbagliare più del necessario -, fisico – la forza a la resistenza dello spagnolo sono sempre andati oltre ogni limite – e psicologico – in certe fasi sembrava che un complesso erodesse dall’interno la sicurezza dello svizzero portandolo a schiantarsi inevitabilmente contro la sua bestia nera.
Decisive ed emblematiche, in questo senso, sono state le due brucianti sconfitte maturate dapprima nell’infinita finale di Wimbledon 2008 e poi in quella degli Australian Open 2009.
Il punto di svolta è stata la finale australiana del 2017 in cui i due hanno dato vita a un’eroica battaglia di cinque set che ha permesso a Roger di alzare uno slam dopo cinque anni e, soprattutto, di capire che il suo personale fantasma si poteva battere.

Il 2017 è stato un anno di riscossa e liberazione, Federer ha portato a compimento con Ljubicic la maturazione del suo gioco offensivo impostata con Edberg e ha ritrovato confidenza con la vittoria. Battere quattro volte di fila il Nadal versione 2017 non è stato uno scherzo, anche perché il maiorchino non era certo un rudere zoppo e crepuscolare, anzi godeva di uno stato di grazia eccezionale. Abbiamo già citato l’ultimo confronto, a Shanghai, come un momento mistico in cui non c’era confine tra l’azzurro del campo e quello del cielo.
Del 2017 sono anche gli indimenticabili momenti della Laver cup, in cui i due si sono trovati per una volta dallo stesso lato della rete.
Nel 2018 i due acerrimi amici non si sono mai incrociati, complici gli infortuni di Nadal e la scelta reiterata di Roger di saltare la stagione sul rosso. Pochi mesi fa, invece, lo scontro in semifinale di Indian Wells è saltato a causa del ginocchio malandato di Rafa.

In tutto questo mancava un tassello. Mancava un’altra prova su terra. Dopo le rispettive resurrezioni non si sono mai affrontati su questa superficie: l’ultimo scontro risale alla finale di Roma 2013, mentre l’ultimo tango a Parigi si è verificato addirittura in finale nel 2011, entrambe appannaggio dello spagnolo.
Nadal, dopo le difficoltà dei primi tornei sul rosso – solo tre semifinali raggiunte tra Montecarlo, Barcellona e Madrid -, ha lavorato duro per tornare il cannibale di sempre e adesso appare il forma clamorosa, ha vinto il 1000 romano e qui ha lasciato solo le briciole agli avversari – anzi li ha sbriciolati -, a parte un set a Goffin, episodico e ininfluente. Sembra un rullo compressore e non ha speso quasi nulla fin qui.
Anche Roger, prima della battaglia con Wawrinka, è andato via piuttosto facilmente, anche se c’è da dire che per entrambi il tabellone non proponeva troppe difficoltà.
Non sarà facile, ma Roger ci proverà. Dovrà variare molto il gioco, abbreviando gli scambi e togliendo certezze al rivale, e allo stesso tempo non dovrà impigrirsi ad accettareo gli scambi estenuanti favorevoli a Nadal – cosa che è successa a tratti anche contro Wawrinka. Insomma non sarà solo una questione di tecnica e muscoli, ma anche di brillantezza mentale, di creatività e di velocità di pensiero.
Nel nostro piccolo ci proveremo anche noi: proveremo a tenerci libero il pomeriggio, proveremo a isolarci dal mondo, proveremo a goderci lo spettacolo senza soccombere alla sofferenza. Anche se non sarà facile.
Insomma mettiamo in fresco le birre e compriamo i pop corn, per tutto il resto c’è Rogercard.
Sempre appassionate e frizzanti le recensioni di balossi come le partite di cui parla
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