Ho dovuto aspettare un giorno.
La mente era troppo annebbiata dalle emozioni per poter provare a descriverle, non ci sarei riuscito. L’unica cosa che ho potuto fare è stato guardare e riguardare, ammirando – quasi incredulo – una delle partite di tennis più emozionante degli ultimi anni, uno di quegli incontri che rimarrà nella memoria. La “finale dei sogni”, è stata una sfida epica, paragonabile solo ai loro mitici scontri sull’erba di Church Road, ma resa più preziosa dai tanti anni di storia alle loro spalle.
Roger contro Rafa. Ancora loro, ancora in finale a darsi battaglia come ai bei vecchi tempi. La tecnica contro la potenza. Yin e yang, opposti ma complementari. Nessuno dei due sarebbe stato lo stesso senza l’altro, entrambi si sono spinti oltre i propri limiti per cercare di superarsi. Per chi ama il tennis come noi andava già bene così. Era già sufficiente essere spettatori di una finale del genere, la Leggenda contro la sua Nemesi a darsi battaglia fino all’ultima palla, neanche fosse un copione di un colossal holliwoodiano.
Invece il Re ha voluto regalarci qualcosa di più.
Roger Federer, il più grande di tutti i tempi, il GOAT. A quasi 36 anni, non doveva dimostrare più niente a nessuno. Poteva tranquillamente godersi gli Australian Open dal salotto della sua villa, magari giocando con i suoi gemelli. E invece era lì, a dare tutto sul campo centrale, dopo il più lungo periodo di stop forzato della sua carriera. Dopo aver passato sei mesi ad allenarsi lontano dai riflettori, dopo aver avuto dei dubbi sulla possibilità di poter rientrare ai livelli che gli competevano. Molti erano quelli che sostenevano che si sarebbe dovuto ritirare già da qualche anno, da quel Wimbledon del 2012 che lo aveva visto trionfare su Murray. “Doveva lasciare da vincitore”, dicevano. “Non tornerà più ai suoi livelli”, “ormai è sul viale del tramonto”, tanti pseudo-esperti ne decretavano da tempo la fine anticipata.
E invece Roger ha combattuto. Sentiva che in lui c’era ancora la possibilità di vincere: “Il mio obiettivo è ancora quello di battere i migliori, di vincere i tornei più importanti. Sono troppo vicino alla vetta, mi diverto ancora troppo e sto ancora giocando troppo bene per mollare adesso”, diceva.
Rientrato sul circuito dapprima senza grandi aspettative, Federer ha lottato durante tutto il torneo come forse non aveva mai fatto prima, perchè adesso è un giocatore ancora più completo di quanto non lo fosse nei suoi anni d’oro, quando sembrava che tutto gli riuscisse anche troppo facilmente, solo grazie al suo talento e alla sua innata classe.
Ma ora, in finale, non gli sarebbe bastato, serviva qualcosa di diverso. E lui lo sapeva. Serviva metterci gambe e testa. Quella testa che forse troppe volte in passato l’aveva abbandonato lungo la strada, quella testa che si era già sgretolata più volte di fronte al gioco dello spagnolo.
“Darò tutto qui in Australia a costo di non poter più camminare per i prossimi cinque mesi”, aveva detto Roger dopo la semifinale vinta contro l’amico Stan Wawrinka.
E così è stato.
Il primo set della finale è stato uno spettacolo di perfezione tennistica, non solo dal punto di vista del gioco, ma anche da quello tattico-strategico. Questa volta era lui a scardinare le certezze dello spagnolo, non più viceversa. Quello che era sempre stato il suo punto debole, il rovescio, ora era diventato il suo colpo migliore. Sempre coperto, sempre in top anche in risposta.
L’intero match poi è stato un susseguirsi di scambi da fantascienza, botte e risposte, angoli incredibili e colpi in controbalzo irreali anche per un incontro alla PlayStation. Era come essere su un ottovolante di emozioni. Roger stava dipingendo magie, ma nonostante tutto poteva non bastare. Perché sul più bello, anche questa volta, la testa sembrava averlo abbandonato. Anche questa volta sembrava che la sua classe sarebbe stata sconfitta dalla forza fisica e mentale di Nadal.
Forse il Roger di qualche anno fa avrebbe perso questa partita. Invece il Federer 2.0 ha combattuto.
Sotto 3-1 al quinto, non ha mollato, non è indietreggiato quando tutto sembrava ormai scritto. Ad un passo dal baratro, il Maestro ha confermato al mondo che in lui non c’è solo classe cristallina e purissima, ma anche determinazione, forza e testa.
Ed è stato ancora più bello così, il ritorno del Re non poteva regalarci un epilogo più leggendario. 5 set da storia del tennis, da guardare e riguardare nel corso degli anni a venire. Emozioni uniche, difficilmente spiegabili con le parole.
Fino all’ultima palla. Fino all’ultimo challenge.
A quasi 36 anni, il Maestro ha riscritto ancora la storia. È lui il più grande di sempre.
Con i suoi 18 titoli del Grande Slam, quella Leggenda che risponde al nome di Roger Federer ha compiuto un altro passo verso l’Empireo del Tennis.
E non ha ancora finito.
Un articolo degno del LEGGENDARIO.
Re Roger è andato oltre l’umano, oltre l’immaginario e ci ha portato in una dimensione che avevamo solo intravisto grazie alle nostra fantasia.
Grazie a questa stupefacente impresa ci sentiamo tutti un pò più in pace con il tennis in generale.
Roger ha scritto una pagina indelebile di storia sportiva. E solo lui avrebbe potuto farlo.
Gli altri, seppur bravi, non possono assolutamente aspirare a ripeterne le gesta.
Ma a noi, a dire il vero, va bene così.
È giusto che di Re ce ne sia uno solo…
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Bellissimo articolo che rispecchia quello che è stato il Federer di questi Australian Open, non solo classe ma anche grande determinazione…
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